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Pronuncia n. 24/2017 del 26/04/2017
Parti Vodafone Italia S.p.A.; Wind Tre S.p.A. (interveniente) c. Telecom Italia S.p.A.
Mezzi Tv, internet
Prodotto Offerta telefonica Telecom
Messaggio La rete 4G più veloce di Italia
Presidente Gambaro
Relatore De Giorgi
Dispositivo «Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la comunicazione esaminata è in contrasto con l’art. 2 CA e ne ordina la cessazione.»

 

Art. 2 – Comunicazione commerciale ingannevole

Vodafone Italia S.p.A. e Wind Tre S.p.A. hanno chiesto l’intervento del Giurì in relazione al messaggio di Telecom Italia S.p.A. «La rete 4G più veloce d’Italia», diffuso attraverso uno spot televisivo e il sito internet di TIM, ritenendolo in contrasto con gli artt. 2, 3 e 15 del Codice.

Ad avviso delle Istanti il messaggio veicolerebbe una rivendicazione assoluta del primato di velocità della rete mobile 4G di TIM rispetto a quelle degli altri operatori. Nel sito internet tale rivendicazione è accompagnata dall’affermazione «Confermato dai clienti nel periodo dicembre 2016 – febbraio 2017» e, anche nello spot, dal riferimento allo «Speedtest di Ookla». Il primato vantato sarebbe – secondo Vodafone e Wind Tre – ingannevole per la difficoltà concreta di fornire una prova di effettiva superiorità in questo settore. Le istanti precisano che “Ookla” sarebbe un soggetto privato che si limita ad aggregare i risultati di test di performance effettuati volontariamente dagli utenti tramite app, e che pertanto i risultati dello «Speedtest di Ookla» sarebbero inidonei a supportare un claim di superiorità così perentorio, in quanto basati su un numero di utenti casuale, condizionati da fattori tecnologici estranei alle reti di trasmissione dati e fondati su criteri di aggregazione dei dati non condivisi dagli operatori. Ad avviso di Vodafone, inoltre, l’affermazione «Confermato dai clienti nel periodo dicembre 2016 – febbraio 2017» sarebbe ingannevole perché indurrebbe a credere che i clienti abbiano confermato la rete 4G TIM essere la “più veloce” sulla base di risultati tecnici e oggettivi, mentre la pretesa superiorità risulta solo dalle rilevazioni effettuate spontaneamente dai clienti.

Telecom riferisce anzitutto che in altri Paesi le società del gruppo Vodafone utilizzano pubblicitariamente gli speed test di Ookla, laddove questi assegnano un primato; inoltre, Vodafone sarebbe menzionata fra i partner di Ookla nel sito e ciò dimostrerebbe che Vodafone ritiene i test ammissibili per le proprie strategie commerciali. Ad avviso di Telecom l’affermazione «Confermato dai clienti nel periodo dicembre 2016 – febbraio 2017», collocata nella stessa pagina web, ove poco al di sotto compare il riferimento alle “elaborazioni Ookla effettuate dai clienti di tutti gli operatori mobili dal 1.12.2016 al 28.02.2017” si riferirebbe chiaramente ai test svolti dai clienti in maniera spontanea, pertanto non ingannevole.

Il Giurì ritiene l’affermazione “La rete 4G più veloce d’Italia” un riconoscimento auto attribuito, in quanto non fondato su una certificazione da parte di un ente terzo, che ne ha verificato la velocità mediante criteri di misurazione scientificamente affidabili o generalmente condivisi.

Il Giurì non ha motivo di escludere che la metodica utilizzata da Ookla possa generare informazioni affidabili, ma non ha nemmeno motivo di analizzarla nei dettagli, né di verificare se essa sia stata correttamente impiegata nel caso concreto, perché è sufficiente rilevare che i dati ricavati da Ookla sono incapaci di sostenere un claim così perentorio come quello veicolato al pubblico dalla resistente. Sul piano comunicazionale infatti proclamare di essere «La rete 4G più veloce d’Italia» ha un significato univoco che mal si concilia con il fatto che tale primato è stato ottenuto a detta dello stesso inserzionista solo in un bimestre, solo con riguardo alla velocità di download e solo per uno strettissimo margine percentuale che non si sa quanto possa essere sicuramente accertato con la metodologia di rilevazione utilizzata.

In queste condizioni la distanza tra quanto l’inserzionista, è riuscito a dimostrare e quanto è percepito dal pubblico degli utenti rimane troppo ampia per non far scivolare la comunicazione commerciale in esame nel campo della decettività e quindi del contrasto con l’art. 2 CA. Come da costante orientamento del Giurì la contrarietà all’art. 2 CA assorbe ogni questione relativa all’autonoma rilevanza dell’art. 15 CA.

 

Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la comunicazione esaminata è in contrasto con l’art. 2 CA e ne ordina la cessazione.

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