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Ecologico e Biologico

Ecologico

Il Giurì ha avuto modo di pronunciarsi oltre vent’anni fa sul valore da attribuire a tale espressione per le sue valenze semantiche, scientifiche e sociali in funzione della specifica rivendicazione pubblicitaria che era stata contestata, ovvero il claim “gas ecologico che rispetta la natura” per contraddistinguere gli spray pubblicizzati (in cui il CFC era utilizzato in misura minore rispetto ai prodotti concorrenti: non come propellente, ma come additivo). Il Giurì aveva ritenuto decettiva l’attribuzione del connotato di ecologico a un gas che, sia pure in modica quantità, conteneva CFC (clorofluorocarburi) e che pertanto aveva effetti nocivi sull’atmosfera e l’ambiente. Il Giurì osservava, con evidente attualità, che:

Sottolineare il carattere ecologico del prodotto nell’attuale momento storico, nel quale il valore ecologico riscuote la generalità dei consensi, quasi come un metavalore che si pone oltre le singole posizioni politiche e ideologiche, vuol dire volersi appropriare di una connotazione altamente positiva, che non appare giustificata se applicata a un prodotto solo modestamente nocivo. Pronuncia n. 58/1989

Più permissiva la decisione di quello stesso periodo n. 171/89 per un’autovettura con motore “più ecologico”, espressione ritenuta accettabile per la presenza dell’avverbio “più” al fine di comunicare al pubblico il dato reale del carattere meno inquinante del prodotto, sulla considerazione del fatto che un produttore di automobili, un bene di per sé inquinante, non sia tenuto a dare notizia dei risultati raggiunti solo in termini negativi (“meno inquinante”), poiché di tal guisa si imporrebbe all’impresa una forma di comunicazione in cui la connotazione positiva del dato verrebbe di fatto neutralizzata dall’espressione utilizzata.

Sempre in relazione alla pubblicità delle autovetture, il claim anni ’90 chi guida XXX difende l’ambiente difficilmente sarebbe ritenuto accettabile con le disposizioni normative e i parametri di giudizio odierni (pron. 53/1991). Allora il Giurì lo ritenne conforme al Codice in quanto inteso a suggellare gli sforzi economici dell’impresa, reali e provati, al raggiungimento di obiettivi di riduzione dell’inquinamento, al trattamento dei rifiuti e riciclaggio, quale “un giusto riconoscimento compensativo di investimenti comunque sia produttivi di effetti benefici per la comunità sociale”.

Valutazione più recente quella secondo cui non deve essere considerato lecito proporre come ecologico un prodotto che sia solo meno inquinante di altri: il messaggio concerneva una comparazione tra vasi per piante in terracotta e in plastica, accreditando – erroneamente – questi ultimi come “ecologici” con “tutti i pregi di un vaso in terracotta, senza i difetti” (pron. n. 157/96).

L’associazione più spontanea tra il prefisso “eco” e il sostantivo che segue rinvia di norma alla sfera della tutela ambientale, ma se nel messaggio nulla rimanda a problemi ambientali può essere inteso anche nel senso di risparmio economico derivato dall’uso del prodotto. Ad esempio in un messaggio oggetto di decisione del Giurì, la definizione del detersivo quale “Ecodosi” (risparmio di energia/acqua, di quantità di detersivo) era tutto incentrata sugli elementi dello “spreco”, rinviando agli effetti negativi che tale spreco produceva rispetto alle tasche dei consumatori e non ad effetti ecologicamente negativi (pron. n. 107/2010).

Infine l’uso di termini tecnici, che spesso vengono accompagnati dal logo o dal riferimento all’ente certificatore che ha attestato la rispondenza del prodotto ai requisiti necessari per essere qualificato ad esempio quale “compostabile”, “biodegradabile”, etc., deve essere valutato non solo in termini di veridicità, ma anche in relazione alla possibile divergenza tra il suo significato prettamente tecnico-giuridico e il significato che normalmente gli attribuisce il consumatore.

Biologico

Definizione oggetto del Regolamento UE n. 2018/848 che stabilisce i requisiti per potersi fregiare di tale indicazione, che comporta il mancato uso di prodotti chimici come condizione per la concessione del logo.

Nella pubblicità di una crema spalmabile il claim “buona per me e buona per il pianeta, perché biologica e senza olio di palma” (pron. n. 27/20) è stato considerato conforme ai canoni prescritti dall’art. 12 CA. Il vanto ambientale risultava dimostrato e veniva collegato al carattere biologico del prodotto (la cui produzione osserva specifici disciplinari in materia di alimenti biologici). In senso conforme un caso in cui si verteva sulla proteggibilità o meno di una idea pubblicitaria, ma che in relazione al vanto un’agricoltura più pulita, un ambiente più protetto, un’alimentazione più sana per un biscotto per l’infanzia frutto di una produzione biologica e integrata, si era affermato che “i metodi di produzione biologica hanno proprio lo scopo di rispettare maggiormente l’ambiente e di realizzare prodotti esenti da residui chimici e quindi ‘più sani’ (pron. n. 166/1999).

La pubblicità contestata nell’ingiunzione 30/2015, relativa a detergenti per la casa proposti come aventi pregi di  rispetto ambientale: “Finalmente nei supermercati il vero detergente biologico, molto più di ecologico”, “100% di forza pulente naturale”, utilizzava impropriamente il termine “biologico” (il prodotto non contiene alcun ingrediente biologico e nessun ingrediente di origine naturale), unicamente in ragione della presenza nel prodotto di un componente, che in base alla sua particolare proprietà lavante sarebbe in grado di ridurre la quantità di prodotto da utilizzare, con conseguente riduzione dell’impatto ambientale in termini di sostanze immesse nelle acque.

 

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