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Pronuncia n. 29/2017 del 12/05/2017
Parti Deborah Group S.p.A. c. Avon Cosmetics S.r.l.
Mezzi Internet, catalogo
Prodotto Cosmetici Avon linea ‘Mark’
Messaggio Trasforma il make-up in arte – make your mark
Presidente Gambaro
Relatore Reale
Dispositivo «Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la comunicazione commerciale esaminata non è in contrasto con il Codice di Autodisciplina.»

 

Deborah Group SPA (di seguito: Deborah) ha chiesto l’intervento del Giurì nei confronti di Avon Cosmetics Srl (di seguito: Avon), in relazione alla campagna pubblicitaria di quest’ultima diffusa sul sito internet e sulle copertine del catalogo dei prodotti, ritenendola in contrasto con gli artt. 13 e 44 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, in quanto imiterebbe la propria pubblicità mediante l’uso di un linguaggio grafico e di un concept totalmente sovrapponibili e sarebbe idonea a ingenerare confusione nei consumatori.

In particolare, la campagna di Deborah, risalente all’autunno del 2016 e protetta da pre-emption presso l’Istituto di Autodisciplina, avrebbe l’intento di richiamare attraverso l’impostazione grafica la copertina di una rivista: volto e collo della modella raffigurata in primo piano sono infatti all’interno di una cornice rettangolare di colore rosso, dando risalto alle labbra truccate. Nella parte superiore del messaggio compare il brand Deborah Milano con il logo floreale, a richiamare la testata di una rivista, mentre nella parte inferiore si legge: “Esclusivo! I rubini sono i migliori amici delle labbra – Everyday Diva”, che corrisponderebbe al titolo della copertina. Il messaggio trasmesso sarebbe che i cosmetici pubblicizzati valorizzano al punto da trasformare la consumatrice in una diva da copertina.

Nella pubblicità di Avon, risalente a febbraio 2017 e usata anche come copertina del catalogo dei prodotti, è raffigurata una modella in primo piano (Melissa Satta) che si sfiora il volto con le dita: volto e collo sono racchiusi in una cornice rettangolare di colore bianco. Nella parte superiore compare il brand Avon, nella parte inferiore si legge: “Trasforma il make-up in arte – Make your mark”.

Ad avviso di Deborah la propria campagna sarebbe meritevole di tutela ai sensi dell’art. 13 del Codice, sia perché anteriore a quella di Avon, sia per la sua originalità.

Avon ha eccepito che l’ideazione della propria campagna risalirebbe a prima dell’uscita di quella di Deborah, circostanza dimostrabile attraverso scambi di e-mail e altri documenti relativi alla preparazione delle cover dei cataloghi. Il messaggio veicolato dalla campagna Avon sarebbe incentrato sull’invito alle consumatrici a esprimere il proprio istinto creativo utilizzando i prodotti pubblicizzati: essere artiste (non dive da copertina). Non ci sarebbe dunque alcuna imitazione della campagna di Deborah. L’idea di un volto all’interno di una cornice non sarebbe originale, né unica, ma nelle due campagne verrebbe sviluppato in modo diverso: Avon userebbe la cornice per invitare le clienti a sviluppare la propria creatività; nel messaggio Deborah la cornice verrebbe usata per alludere alla possibilità per qualsiasi donna di diventare una diva da copertina utilizzando i prodotti della sua linea.

Il Giurì ha ritenuto che, ponendo a confronto le due campagne, sia riscontrabile in entrambi i casi il ricorso a modalità espressive comuni e diffuse per rappresentare il rapporto donna-cosmetici. Anche l’uso di un riquadro per esaltare, sottolineare o enfatizzare dettagli o parti di immagini costituisce, ad avviso del Giurì, un espediente grafico che appartiene al patrimonio comune della comunicazione commerciale, e non solo, dunque talmente usuale da ritenere ben scarsa la possibilità che tale elemento non venga impiegato per altre comunicazioni pubblicitarie, anche in settori diversi. L’imitazione consisterebbe nel ricorrere alla medesima idea di utilizzare un riquadro per delineare il volto di una modella truccato con i prodotti pubblicizzati: ma, secondo il Giurì, ammettere una tutela ex art. 13 in un simile caso equivarrebbe ad attribuire all’ideazione pubblicitaria una estensione di senso che le farebbe perdere i caratteri di originalità e novità e inevitabilmente la banalizza.

Il Giurì non ha quindi ritenuto fondata la domanda della ricorrente.

 

Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la comunicazione commerciale esaminata non è in contrasto con il Codice di Autodisciplina.

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