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Stato e Autodisciplina: una complementarietà virtuosa

Il principio costituzionale della sussidiarietà – legato a quello di proporzione e adeguatezza – secondo cui cittadini, singoli o in associazioni, possono occuparsi di temi di pubblico interesse, non introduce una sorta di laissez faire, un modo per lo Stato di ritirarsi da alcuni settori e lasciar fare ad altri, con il risultato che i più deboli restino tali. Non vi è questo rischio, in particolare, nel settore all’autodisciplina pubblicitaria, in cui l’operare privatistico dello IAP ha portato a buoni risultati.

Proprio guardando all’attività dello IAP, si può osservare che, anche svolgendo le proprie funzioni sul piano consensuale e volontaristico, si può realizzare una tutela molto efficace dell’interesse collettivo. Da questo punto di vista, c’è da parte mia un incoraggiamento e un apprezzamento per l’opera dello IAP.

In questo settore – dunque – un’entità privatistica e l’autorità dello Stato si trovano a lavorare contemporaneamente, concorrendo a tutelare un’esigenza avvertita dalla collettività.

Dobbiamo far leva sui punti di forza dello IAP, uno dei quali, è importante sottolinearlo, è  certamente quello di offrire risposte rapide e concrete. Un altro punto di pregio è che l’opera dello IAP non è mai diventata una forma di tutela corporativa di una categoria invece che del cittadino. La reputazione dello IAP negli anni si è fatta forza di questa capacità di esprimere una tutela generale.

Per quanto riguarda invece le funzioni delle formali istituzioni dello Stato – Antitrust e autorità giudiziaria – non bisogna dimenticare la forza oggettiva di alcuni attori del mercato, che rende alle volte necessario sanzionare un comportamento scorretto con sanzioni amministrative o con un risarcimento del danno. Dobbiamo perciò provare a costruire sulla forza di entrambe le colonne di questo sistema: IAP e lo Stato. Se si sovrappongono e si elidono l’un l’altra possono provocare dei problemi, ma se ne verifichiamo le differenze, questo consente di mettere in piedi un sistema che, da un lato, garantisce attraverso la forma privatistica rapidità, trasparenza, risposte efficaci e semplici da comprendere; dall’altro, possiamo avvalerci di un’Authority o del giudice civile quando sia necessario ricorrere ad altre forme di tutela. La ricetta è trovare un equo bilanciamento e di utilizzare efficacemente i due strumenti.

All’ apertura dell’Anno IAP si è parlato anche della necessità di un cambiamento culturale e delle forme che assume la manifestazione del pensiero. La libertà di pensiero è uguale a tutte le altre libertà: finisce dove comincia quella degli altri. Il lavoro che lo IAP fa è fondamentale, perché stabilisce un principio essenziale, ovvero che la dignità delle persone è prevalente sulla libertà degli altri di violare i diritti delle persone. Questo è un lavoro per il quale sono grato allo IAP e sono convinto che vi siano momenti in cui bisogna anche essere rigidi, spiegare – cioè – che non si tratta di limitare la libertà degli altri, ma di stabilire un luogo dove la gente si rispetta a vicenda. Costruire un Paese nel quale ci si rispetta vicendevolmente è un interesse di tutti, non delle minoranze. Una comunità in cui i diritti di qualcuno sono conculcati è il posto in cui – prima o poi – verranno conculcati anche i tuoi. Un lavoro di questo tipo è fondamentale: lo IAP lo fa molto bene.

Credo che la politica debba sostenere – anche culturalmente – questo taglio operativo. Dire che una cosa è sbagliata e dirlo pubblicamente è un modo per fare educazione, informazione, nell’ottica della costruzione di un Paese civile.

 

Ivan Scalfarotto
Sottosegretario per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento

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